Ricerca su Bilanci di Sostenibilità e recepimento Direttiva 95

  Osservatorio Socialis   Gen 27, 2017   News, Principale, Speciali   Commenti disabilitati su Ricerca su Bilanci di Sostenibilità e recepimento Direttiva 95

Ricerca su: L’impatto della Direttiva Non Financial Information e di diversità sui bilanci delle imprese quotate italiane. Alcune prime evidenze empiriche”

Il campione oggetto dell’analisi è composto dalle 134 società quotate presso Borsa Italiana (altrimenti definite Enti di Interesse Pubblico) che presentano un numero di dipendenti uguale o superiore a 500 unità, come previsto dal legislatore. Il campione, se si escludono le banche, le compagnie assicurative e le altre società finanziarie, nonché le multinazionali, rappresenta pertanto la totalità delle imprese quotate italiane.

Le società sono state poi ricondotte a 7 settori: industrials (52), consumer services (22), health care (22), telecomunicazioni (18), oil and gas (14), consumer goods (13) e basic materials (4).

Per la misurazione del “non financial score” sono stati considerati 5 differenti aspetti riconducibili alle dinamiche relative alla sostenibilità aziendale:

  1. descrizione del business model aziendale, ovvero l’analisi delle informazioni relative al rapporto tra l’azienda e gli stakeholder;
  2. descrizione della politica adottata dall’azienda in tema di sostenibilità;
  3. descrizione dei rischi non finanziari e delle eventuali strategie adottate per farne fronte;
  4. descrizione dei Key Performance Indicator;
  5. descrizione della politica in tema di diversità.

Il dato complessivo sul non financial score dell’intero campione è pari al 43%.

L’informativa migliore è risultata quella relativa alla descrizione del modello di business.

L’informativa peggiore riguarda invece la descrizione della politica in tema di diversità (di genere, di età, culturale, ecc.).

Il 41% delle 134 imprese oggetto di analisi ha pubblicato bilanci di tipo volontario (report sociali, ambientali, di sostenibilità e report integrati). In queste imprese il dato sul Non Financial Score si raddoppia (80% circa).

Professor Venturelli, forse è facile rendicontare il business model mentre meno (o più costoso) rendicontare le altre dimensioni?

Devo dire che una tale differenza in termini di NF_score non mi sorprende affatto. Le imprese che da ormai diversi anni adottano buone pratiche di CSR e pubblicano volontariamente informativa di sostenibilità sono considerate realtà virtuose in ambito non solo nazionale, ma anche internazionale.  Il dato più alto dell’intero campione in tema di descrizione del business model conferma un orientamento al mercato che prende in considerazione prevalentemente lo shareholder, come portatore di interesse, e di rado altri stakeholder (come invece richiesto dal framework IIRC). La scarsa informativa in tema di rischi non-financial denota una carenza nel top management che non considera strategici i rischi ambientali e sociali. Il sistema degli indicatori è il segnale evidente dell’assenza in circa il 60% delle imprese del campione di un sistema di sustainability control system. In ultimo, la scarsa attenzione al tema della diversity è legato essenzialmente ad una governance ancora poco aperta ai temi della diversità se messo a confronto con altri Paesi diversi dal Nostro.

Andando poi ai punteggi complessivi troviamo che al primo posto si posiziona il settore oil and gas con un non financial score del 68%. Molto distanziato troviamo Consumer services al 46%, il settore telecomunicazioni con il 41% , quindi health care e consumer goods entrambi con un punteggio pari a 41%. A seguire il settore industrials (38%). Chiude la classifica il settore basic materials con il 25%.

Si aspettava un tale risultato? A che cosa potrebbe essere attribuito, forse a specifiche caratteristiche o a diverse necessità reputazionali?

Il settore Oil & Gas conferma per certi versi quanto emerge da survey internazionali sul carbon reporting. Le ragioni sono essenzialmente riconducibili alle specificità di settore ed all’impatto che una scarsa informativa di sostenibilità potrebbe determinare sul piano reputazionale con conseguenti impatti sulla comunità degli investitori per i quali la richiesta di informazioni ambientali, sociali e di governance in questi anni è notevolmente aumentata.

Andando a vedere le singole aziende troviamo che solo 34 hanno un non financial score superiore all’80% e hanno in comune questi elementi:

  • presentano un numero di dipendenti più alto,
  • redigono già un modello di bilancio su base volontaria (report di sostenibilità e report integrato),
  • presentano un’asseverazione in tema di informativa non financial,
  • utilizzano lo standard internazionale GRI (G4 o G3).

Eccole, in rigoroso ordine alfabetico:

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Professore, alla luce dei risultati emersi la Direttiva potrebbe dunque rappresentare un’importante sfida per circa il 60% delle imprese oggetto del campione che dovranno nel 2017 obbligatoriamente adeguarsi al contenuto della Direttiva?

I dati evidenziano che per la restante parte del campione le informazioni sono ampiamente rendicontate (soprattutto quelle riguardanti il business model e gli indicatori di performance).

La Direttiva può rappresentare, in tal senso, una grande opportunità per le imprese (le PMI su tutte) che non sono obbligate. È, tuttavia, necessario che soprattutto le associazioni di categoria diano un contributo evidenziando quali benefici posso derivare dal rendicontare informazioni di sostenibilità (più mercato, migliore reputation, merito creditizio, miglioramento della supply chain, maggiori opportunità di lavoro con la Pubblica Amministrazione, ecc.).

 

Team di ricerca: Prof. Andrea Venturelli (coordinatore) – Dipartimento di Scienze dell’Economia dell’Università del Salento – componente della commissione studio «Sostenibilità e Corporate Reporting» del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili; Prof. Fabio Caputo – Dipartimento di Scienze dell’Economia dell’Università del Salento; Dott.ssa Rossella Leopizzi – Dipartimento di Scienze dell’Economia dell’Università del Salento.

I risultati dello studio

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